Diverso tempo fa scrissi un articolo dedicato all’esame ufficiale di giapponese JLPT e che potete tranquillamente andare a rileggere. Ma da allora a questa parte, ho avuto modo di arricchire le mie conoscenze e poter scrivere quest’altro post.
Chiariamo subito che…
L’ESAME JLPT NON E’ L’OBIETTIVO PRIMARIO.
Penso di aver visto e sentito abbastanza per poter affermare con certezza di smettere di puntare all’esame di giapponese e muoversi esclusivamente per quello. JLPT non deve essere il vostro obiettivo. Precedentemente ho scritto dei punti su come iniziare a studiare la lingua da autoditatta e menzionavo proprio di quanto fosse importante avere una motivazione. Ecco, avere come motivazione l’esame JLPT, non vi aiuterà!
L’esame ufficiale di giapponese è strutturato e dedicato alle persone che necessitano di un titolo di studio da poter presentare nei posti di lavoro o entrare nelle Università, e che quindi non necessariamente certifica al 100% le vostre abilità. Detto in parole più povere: non è il certificato e lo studio che farete a rendervi fluenti.
Ma è ciò che portate nella realtà esterna a far la differenza.
Ho visto tanta gente avere la certificazione N1 non essere fluente in giapponese e anche sentito diverse opinioni da parte di giapponesi che dicevano chiaro e tondo “Non riesco a tenere un discorso con un N1”. Anzi vi dirò, ho sentito giapponesi far complimenti a livelli molto più bassi N5-N3 che erano in grado di mantenere una conversazione nonostante il livello fosse più basso. Questo perché…
L’OBIETTIVO E’ LA FLUENZA VERBALE e UDITIVA.
Voi dovete studiare per raggiungere dei risultati reali e concreti che siano utili per il vostro scopo. Non ha nessun senso avere come motivazione “JLPT N1” se poi crolli subito dopo l’esame, perché si sa, il cervello va, ad una certa, in vacanza.
Focalizzatevi sull ‘essere fluenti e imparate quanto più potete, invece che seguire delle linee guida che vi terranno ad un livello basso contraddicendo poi la certificazione.
Questo non significa “Non fare il JLPT”, significa che i dati cartacei devono combaciare con i dati reali e concreti. E’ inutile sventolare pezzi di carta, quando non si è in grado di tenere un discorso di quel livello.
Una ragazza italiana con un N1 e alle prime armi come insegnante di giapponese, dopo aver parlato con me al riguardo, mi ha detto che esiste un esame dedicato all’orale e si chiama: ACTFL OPI. Probabilmente non lo conosceva nemmeno lei, ma doveva rispondere per tacermi, quindi l’ha tirato fuori. Ma che lo conosca o meno, so perfettamente che era un modo per giustificare tutti i livelli JLPT N1 che non sono in grado di parlare in giapponese.
Ecco non ci sono giustificazioni per me.
SIATE COERENTI CON VOI STESSI e LA REALTA’ CHE VI CIRCONDA
Se siete anche molto strutturati, quindi avete necessità di uno schema didattico ben preciso e delimitato come lo è per il JLPT, il livello che andate a puntare deve sempre e comunque combaciare con il parlato, a prescindere che l’esame sia solo scritto o di ascolto.
E per migliorare nel parlato e raggiungere tale livello, bisognare avere la motivazione e la costanza che vi possa portare a quel risultato. Solo dopo aver raggiunto quell’obiettivo, fate l’esame, che appunto vi certifica per opportunità lavorative.
Se poi cosa dico non viene condiviso, perfetto, l’accetto. Però non vi lamentate quando qualcuno (anche se è solo una minoranza) vi fa notare che siete degli incapaci e quello che state facendo è sbagliato. Perché anche chi traduce, ha delle responsabilità da assumersi e non da poco.
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Articolo interessante a cui voglio aggiungere del mio!
L’esame del JLPT è a suo modo particolare. Il livello massimo (l’N1, che proverò questo dicembre) è considerato un semplice livello B1, ma leggendo varie opinioni è a sua volta un esame difficile, con percentuali di riuscita di passaggio veramente basse. Che tu abbia la fluency orale o meno, per ottenere quel pezzo di carta serve un’impegno serio nello studio della lingua, serve leggere qualcosa ogni giorno (saggi, articoli di giornale, romanzi, visual novel e light novel), il tutto protratto per anni. In più il test JLPT non solo mira a verificare la tua conoscenza di vocaboli, grammatica, ascolto e comprensione del testo, ma anche la tua capacità a risolvere il test stesso in un lasso di tempo ristretto. Consiglio infatti di fare qualche mock test prima dell’esame reale, così da capire meglio come gestire i 110 minuti della prima parte del test. Riguardo alle capacità di parlare e scrivere (l’output insomma), concordo che siano le vere skills necessarie per trovare un lavoro legato alla lingua giapponese MA un parlante con n3 (come quello che ho ottenuto io nel 2022) che sa interagire in di giapponese avrà comunque un vocabolo ristrettissimo con cui potersi esprimere rispetto ad un possessore di n1 che inizia l’esperienza di output da zero. Quest’ultimo secondo me ha ovviamente potenzialità di crescita di gran lunga più alte, avendo memorizzato migliaia e migliaia di vocaboli semplicemente grazie alla lettura e all’ascolto che ha fatto nel corso di anni di studio!